Eging, la pesca ai calamari più divertente che ci sia

Negli ultimi anni la pesca al calamaro è diventata una delle attività preferite dai pescatori sportivi. Come tutti i tipi di pesca anche quella del calamaro, se fatta senza le giuste conoscenze tecniche e ambientali, può diventare una vera e propria chimera. Sovente molti novizi della pesca si approcciano a questo cefalopode dubitando, erroneamente, della sua intelligenza, ritenendo di conseguenza la sua pesca un’attività piuttosto semplice. 

Guida completa alla pesca eging: la pesca al calamaro

Contrariamente a quanto si possa credere, il calamaro non ha una stagionalità, ma è presente nei mari italiani durante tutto l’anno. Quello che conta è che le loro abitudini sono differenti a seconda del periodo dell’anno, della temperatura dell’acqua e della tipologia di fondale.

Durante il giorno, la loro vita si svolge prevalentemente sui fondali, anche a profondità notevoli, dove mimetizzandosi sono pronti a dare la caccia a piccoli pesci. Durante la notte invece sono soliti spostarsi a profondità minori alla ricerca di pesce foraggio. Nel periodo che va da ottobre a marzo/aprile i calamari sono soliti avvicinarsi alla costa, distribuendosi intorno alle secche, tra le prateria di Posidonia, oppure lungo le coste rocciose. Questo periodo è ottimale, rispetto a quello estivo dove oltre a una minore presenza del cefalopode si unisce anche la difficoltà legata allo sbalzo termico con la temperatura in superficie che rende complicato mantenerlo in vita.

Il calamaro, il mollusco carnivoro: conosciamolo meglio

Il calamaro è un mollusco carnivoro che appartiene alla classe dei cefalopodi. Esistono numerose specie di calamari, differenti soprattutto per dimensioni: quello diffuso maggiormente nelle acque italiane prende il nome di Loligo vulgaris e ha una lunghezza che va dai 30 ai 45 centimetri.

Il corpo del calamaro, infatti, è lungo e affusolato. Intorno alla bocca reca dieci braccia munite di ventose, due delle quali, dette tentacoli, sono più lunghe e presentano ventose solo alle estremità. I tentacoli sono utilizzati per colpire la preda che, una volta afferrata, viene passata alle braccia e portata alla bocca. Quest’ultima è dotata di due forti mandibole di forma simile a quella del becco di un pappagallo.

La conchiglia, ha un aspetto comune a quasi tutti i molluschi, nei calamari è ridotta a una piastra sottile, detta gladio, inclusa nello spessore del mantello. Se avesse una conchiglia più pesante e voluminosa, infatti, il calamaro sarebbe impacciato nel nuoto. Invece, questo mollusco nuota in modo efficiente, con un sistema di propulsione basato sulla rapida espulsione dell’acqua attraverso un imbuto, detto sifone, situato nella cavità corporea. Questo può essere spostato in diverse direzioni, permettendogli di orientare il movimento. Un paio di pinne ai lati del corpo contribuiscono alla stabilizzazione in acqua.

Infine nella cavità del mantello si trova la ghiandola del nero, tipica di tutti i cefalopodi dibranchiati, che secerne una sostanza scura utilizzata utile a disorientare i predatori in caso di pericolo.

La pesca al calamaro con la tecnica dell’eging

La tecnica di pesca al calamaro attualmente più diffusa è l’eging. Questa tecnica di pesca al calamaro attualmente è in fortissima ascesa sulle coste italiane ed europee. Sorta in Giappone, questa disciplina presenta notevoli punti di forza come la semplicità, l’efficacia in termini di catture, la praticabilità da riva o da porto e ultimo, ma non meno importante, la capacità di far divertire chi la pratica.

Tradizionalmente, la pesca dei calamari sulle nostre coste avveniva quasi esclusivamente dalla barca, con l’utilizzo di tecniche differenti. La diffusione della tecnica di pesca eging, al contrario, consente anche a chi non è munito di barca, di poter acquistare praticare questa pesca anche dalla terra ferma.

L’attrezzatura necessaria per la pesca al calamaro

Nella tecnica di pesca dell’eging si fa uso di un’esca particolare: gli egi, volgarmente conosciute con il nome di “totanare”. Queste riproducono perfettamente le sembianze di gamberetti o piccoli pesci. In testa sono munite di un piombo che permette loro di affondare più o meno a seconda delle esigenze.

L’egi, nella tipologia più comune e venduta, è dotato all’estremità di una doppia corona di uncini senza ardiglione, ideati per arpionare i tentacoli dei calamari. Gli egi si possono trovare sul mercato sia nella versione senza piombo che zavorrati con diverse dimensioni (1.50 - 2.00 - 2.50 - 3.00 - 3.50) a seconda delle profondità che si desiderano raggiungere. Alcuni egi sono fluorescenti e possono essere dotati di una piccola lampada da testa o di una torcia a raggi UV. Quest’ultima alternativa è la migliore poiché consente di ricaricare l’esca molto più velocemente. È stato notato, infine, che gli egi con colorazione fluorescente hanno un potere catturante notevole essendo il calamaro fortemente attratto dalla luce.

Per quanto concerne le canne da pesca necessarie, la lunghezza ideale per questa pratica è quella compresa tra i 2,1 e 2,4 metri. In commercio si trovano canne specifiche per questa tecnica di pesca, le canne da eging, ma svolgono un ottimo lavoro anche le canne da spinning di media potenza. L’utilizzo di un filo trecciato risulta di fondamentale importanza, in quanto la sua bassissima elasticità consentirà di avere un contatto molto diretto con l’esca e di percepire anche le minime toccate dei calamari. Per garantire un ottimo grado di elasticità e per rendere più appetibili gli egi (pare infatti che i calamari abbiano un’ottima vista) si può impiegare uno spezzone di fluorocarbon morbido, di diametro compreso tra 0,28 e 0,40 millimetri, legato all’estremità della lenza madre con lunghezza di almeno 70 centimetri. Infine per quanto riguarda il mulinello, dovrà essere leggero tipo 2.500 o 3.000 per consentirci la massima leggerezza e sensibilità del polso.

La tecnica di pesca dell’eging

Scelta la zona di pesca, si procede con il lancio dell’egi, che si lascia affondare alla profondità desiderata. Se l’intenzione è di pescare in prossimità del fondo, si percepirà di averlo raggiunto quando la lenza cesserà di essere tirata giù dall’esca che affonda. A questo punto inizia la fase di animazione dell’esca, fase determinante nella riuscita della pesca.

L’eging prevede una serie di due o tre ampie jerkate, seguite da un periodo di pausa. Questa operazione permetterà di simulare il movimento delle prede dei calamari e renderà le esche più allettanti per i cefalopodi. Gli attacchi avverranno principalmente nel momento in cui l’egi si fermerà e il momento dell’aggressione sarà inconfondibile e delicatissimo. Questo sarà il momento di ferrare, calibrando ogni movimento, e di recuperare la lenza. In questi momenti, la corretta taratura della frizione e la giusta elasticità della canna saranno d’aiuto. Il movimento del polso sarà delicato, sfruttando il leggero colpo di frusta impresso dalla canna, l’avvicinamento alla riva della preda dovrà avvenire senza strattoni, lento, continuo, ma senza pause e a canna alta. Difatti uno strattone eccessivo rischierebbe di rompere i delicati tentacoli del calamaro e, quindi, di far scappare la preda. Allo stesso tempo, una tensione non delicata e costante, vista la mancanza di ardiglioni delle corone di aghi degli egi, porterebbe la preda a liberarsi facilmente.

A questo punto non resterà che ammirare la preda: il calamaro è un animale quasi ipnotico per le sue variazioni cromatiche, ma è anche eccezionalmente buono che sia alla griglia, al forno o ripieno.

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